L'articolo di Vanna Corvese - che ringrazio -
pubblicato il 23 dicembre 2011 sul "Caffè" di Caserta
Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte.
- t’ho visto – dentro il carro di fuoco…
S’ispirava proprio a questi versi di Salvatore Quasimodo un amico di Silvia Tessitore, Peter, nell’intenso reading “9/11 Memorial (Time and Death)” per la commemorazione del crollo delle Torri gemelle alla Dactyl Foundation for the Arts. “Solo la poesia – disse qualche tempo dopo – mi permette di parlare dell’11 settembre.”
Silvia nel suo ultimo libro “Eleven in september- Storie dell’11 settembre 2001” ci racconta questo episodio e tanti altri incontri, rievocando il suo viaggio a New York, avvenuto alcuni anni dopo. Con una scrittura molto efficace e coinvolgente rappresenta la sua esperienza interiore: talvolta la lucidità e la presa di coscienza della realtà americana cedono a una forte emozione.
Una serie di interrogativi terribili emergono dalla prima parte della narrazione. L’autrice riporta le domande e i dubbi che nascevano durante le solenni celebrazioni volute dal presidente Bush:“perché i servizi segreti non sono stati capaci di evitare tutto questo? Perché la prima superpotenza militare del mondo non ha saputo opporre agli aerei kamikaze alcuna resistenza? Il quesito si fece sospetto qualche settimana più tardi quando – invece di cadere teste – furono elargite promozioni e prebende ai vertici della CIA. Ma a dare credito al sospetto si rischiava di passare per lo meno per complottisti, filoterroristi, antiamericani…”
Silvia Tessitore di fronte al sospetto dice “Scoprire di essere nelle mani del diavolo è roba che scuote i polsi, ma sarà peggio se cederemo all’impulso di chiudere gli occhi.”.
Niente sarà mai più uguale a prima: non solo lo stato d’animo, ma le prospettive di vita sono destinate a subire un profondo mutamento.
Rivivono in queste pagine le testimonianze puntuali e commosse che Silvia raccoglie, ed è evidente la gratitudine per l’affettuosa ospitalità degli amici americani, in un paesaggio dominato dallo sfondo desolante del Ground Zero.
Quel giorno di devastazione e di morte è rappresentato vivacemente nella ricostruzione di tanti cittadini che videro la loro vita cambiata: Peter, Andrea, Billy, Gina, Therese, Eric… Esperienze tanto diverse convergono nel grande tema di quell’evento insondabile, che suscita inquietanti domande, come si sa.
Non posso fare a meno di riflettere sul compito dello scrittore, che è quello di essere un testimone: il suo impegno è il linguaggio, che richiede un lungo lavoro. Affila suoi strumenti per rendere testimonianza con una scrittura rigorosa.
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